STOP ALLA “FUGA DI CERVELLI” DALL’UMBRIA – Successo per il progetto regionale che crea nuove opportunità di lavoro per giovani umbri emigrati all’estero

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Un buon motivo per tornare in Umbria dopo l’esperienza all’estero: diventare imprenditore, partecipando al concorso di idee per start-up d’impresa o lavoro autonomo, con la possibilità di percorsi formativi e di finanziamenti fino a un massimo di 20mila euro.

Questa opportunità, offerta dal progetto “Brain Back Umbria” ideato dall’Agenzia Umbria Ricerche (“Aur”) e finanziato nell’ambito del Programma operativo regionale Fondo Sociale Europeo 2007-2013 della Regione Umbria, “ha acceso molto interesse tra i giovani umbri all’estero e ha incontrato la disponibilità di imprese regionali che vogliono accrescere il loro grado di internazionalizzazione”.

Lo ha sottolineato il presidente di “Aur”, Claudio Carnieri, introducendo i lavori del convegno “Nuova emigrazione e social innovation: quali opportunità per l’Umbria?”, in programma il 1° marzo, al Salone d’Onore di Palazzo Donini a Perugia, e trasmesso in streaming sul sito del progetto (www.brainbackumbria.eu) al fine di promuovere “un contatto tra l’Umbria e i suoi emigrati”. Un’occasione sia di incontro tra giovani talenti, che per lavoro e studio vivono all’estero e il cui numero negli ultimi dieci anni è raddoppiato, con un’incidenza di laureati sul numero degli espatri che ha raggiunto il 16 per cento, che di confronto con le istituzioni e le aziende italiane.

Il progetto, realizzato in collaborazione con il Servizio Rapporti internazionali della Regione Umbria, mette in campo una serie di interventi, a partire da una indagine conoscitiva sull’emigrazione umbra sulla base dei dati dell’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, e un questionario denominato “Keep in touch”, compilabile online sul sito del progetto. Determinante, a questo scopo, si è rivelato il “passaparola” attraverso l’invio di newsletter e soprattutto le nuove forme di comunicazione. A favorire maggiormente il contatto – ha rilevato la ricercatrice dell’Aur Valentina Bendini – sono stati i social network, in particolare LinkedIn.

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